Storia di storie diverse – XLXII
Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione.
“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.
Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana. Partendo da una discussione sulle questioni di più stretta attualità, negli articoli della rubrica si affronteranno anche le problematiche più generali del sistema scolastico, con una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.
La rubrica “Storia di storie diverse” nasce nel 2019 dal desiderio di un percorso autobiografico però professionale, con una narrazione del mio lavoro di insegnante, nella sua quotidianità e nelle sue difficoltà.
Il desiderio di scrivere del mio lavoro deriva dalla necessità di affrontarne alcuni aspetti ostili, non facili da sanare perché dipendenti dalla visione delle persone disabili e da come l’istituzione scolastica le accoglie ed integra, nel caso ciò avvenga.
In questi due anni tutto ciò che non ho potuto dire, tutto ciò che mi è stato impedito di fare, è stato scritto in questa rubrica, vissuta da come uno spazio di espressione e di giustizia verso chi è più vulnerabile e non viene protetto.
È proprio di pochi giorni fa la notizia di un alunno disabile grave della mia classe: psicotico, autistico e affetto da ritardo mentale. La riabilitazione sanitaria, per dissidi con i genitori e, probabilmente, per ridurre il carico agli operatori, ha sospeso le sessioni di terapia comportamentale, indispensabili per il bambino.
Non solo: fatto ancora più offensivo – tenuto conto del grave disagio sociale in cui versa la famiglia – è stato detto ai genitori di mandare il proprio figliolo a far terapia privatamente. Il bambino è stato così dimesso dalla riabilitazione dopo aver subito, tra l’altro, conseguenze molto gravi a causa del lockdown, su cui gli interventi terapeutici avrebbero avuto effetti positivi.
Ora io mi chiedo, qual è la crudeltà che spinge un rappresentante del servizio di riabilitazione neuropsichiatrica a dire a due genitori, entrambi disoccupati, usate il sussidio di invalidità per pagare privatamente la terapia? Un bambino disabile gravissimo dovrebbe aver diritto, considerata la sua condizione, ad ogni cura necessaria e gratuita mentre questi dipendenti della riabilitazione andrebbero licenziati in tronco. Mi stupisce ancora quale calvario debba affrontare il genitore di un bambino disabile nei rapporti con le istituzioni… Per non far menzione delle difficoltà vissute ordinariamente nella cura e nell’educazione di una persona disabile.
Mi sento impotente e adirata di fronte ad episodi di questo genere, all’ordine del giorno nei confronti di genitori di bambini fragili. Alcuni di loro sono combattivi mentre altri, per ignoranza e impotenza, lasciano che i loro figli regrediscano ancor più di quanto la sorte non abbia già deciso per loro.
L’incapacità di affrontare tali aspetti, definiti ostili poiché determinano accanimento su chi già soffre, mi aveva spinto a chiedere di essere trasferita su altro ruolo scolastico; tuttavia la mia richiesta è stata respinta, per mancanza di posti.
Non so se è un segno questo, forse devo continuare ad occuparmi di Virginia, non sarebbe stato giusto lasciarla per scelte diverse anche se la necessità di cambiamento era legittima.